domenica 18 agosto 2013

Red Apple (parte 3)

“Abbiamo perso, Signore” comunicò il capitano Alfan guardando verso il basso i dati che apparivano sulla superficie trasparente del grande tavolo.
Le undici donne, disposte uniformemente attorno, rimasero in silenzio, sedute compostamente.
Il governatore B si muoveva lentamente alle loro spalle, lievitando su una piccola piattaforma antigravitazionale che compiva, fluttuando in senso antiorario, l’intero moto di rivoluzione. Era vestito elegantemente, come sempre, con un completo firmato ValentinE, provvisto dell’ultimo microprocessore da 9000 yottahertz. Tra le mani teneva un oggetto che stonava sia con il suo abbigliamento, sia con il contesto: una mazza da baseball in acciaio, nera.
"C’è però una buona notizia" il militare, non ricevendo nessuna replica, lesse un frammento dalle notizie riportate sul tavolo:
"Grils, a capo della ribellione sul pianeta Verde, ha convinto gli altri attivisti a non scendere a compromessi con nessuno. Questo vuol dire...”
Si interruppe. Seguì il governatore con la coda dell’occhio finché non lo vide sparire alla propria sinistra. Era dietro di lui, ora. Una goccia di sudore scese lungo la guancia di Alfan.
“Continui, capitano” disse perentorio B rispuntando alla sua destra, trasportato dalla piattaforma che procedeva silenziosamente a mezz’aria.
“Questo vuol dire” si schiarì la voce “che gli altri gruppi, senza l’appoggio del pianeta verde, non potranno ottenere una maggioranza per formare il nuovo governo galattico. Hanno bisogno di noi. Se tutto va come deve andare, resteremo dove siamo, al potere.”
Il governatore appariva calmo, posato, teneva entrambe le mani sulla mazza da baseball che ammirava con attenzione, noncurante di queste notizie. Ma c’era qualcosa sul suo viso che un osservatore più attento avrebbe potuto certamente notare: una vena sulla fronte che pulsava insistentemente e che Alfan aveva riconosciuto fin dall’inizio della riunione.
“C’è altro?” chiese B.
“E’ arrivata la sentenza definitiva” non esitò a rispondere, voleva togliersi quel dente che gli doleva tanto da fargli perdere il controllo neurale del dispositivo anti-sudorazione della divisa.
“Vogliamo rendere partecipe l’intero consiglio?” suggerì accompagnando le parole con un ampio movimento della mano che reggeva la mazza.
“Colpevole. Quattro anni per aver frodato la repubblica galattica” la voce di Alfan sembrava sempre meno sicura, il suo viso più madido.
“Ripeta più forte!” ordinò B mentre oltrepassava l’altro capo del lungo tavolo.
“Lei è stato condannato a quattro anni, Signore. Ma non deve temere. I suoi cloni penalisti si sono già messi in moto e utilizzeranno come carta vincente proprio il fatto che il governo non si potrà formare senza di lei. Sono obbligati a lasciarla libero!”
Il volto del governatore era inespressivo, solo quella vena sulla fronte continuava a pulsare imperterrita e i suoi occhi avevano in quel momento qualcosa di atavico, anzi, di primordiale, una luce che è propria delle bestie, una luce che pochi avevano conservato nel proprio DNA.
“Questo” sollevò la mazza da baseball “è un pezzo d’antiquariato che non ha prezzo. E’ ritenuto l’ultimo esemplare esistente nell’intero universo, dopo la distruzione del pianeta Terra da cui proviene. Lì veniva utilizzato, nel ventesimo secolo, come strumento in un gioco di squadra.”
Una delle donne sospirò, languida, un’altra annuì con convinzione mostrando interesse.
“Anche noi siamo una squadra” cominciò a declamare il governatore mentre passava dietro il capitano Alfan. Quest’ultimo chiuse gli occhi e trattenne il respiro finchè la voce non riprese.
“E in ogni squadra tutti partecipano per giungere alla vittoria” si fermò dietro a una donna che indossava una tuta bianca. Le appoggiò una mano su uno dei seni, strizzandolo con forza. Lei aprì la bocca stupita ma subito dopo gli sorrise, con un’espressione estasiata.
“Carfa40, per esempio, è riuscita a sensibilizzare l’opinione pubblica tramite la definizione di uno spot neurale che è tra i più convincenti che io abbia mai visto.” Il settantenne baciò la giovane donna infilandole la lingua in bocca, poi si rialzò e riattaccò “Dopo aver caricato due volte nella mia memoria questo spot neurale mi stavo convincendo io stesso di essere innocente” tutte risero, lui continuò a fluttuare attorno al tavolo, sorridente, fermandosi dietro un’altra donna.
“Santan3” infilò una mano dentro la scollatura della tuta blu della donna “si è lavorata i controllori del primo e del secondo livello, riuscendo a trovare precedenti che consentissero di applicare la legge galattica in modo assolutamente originale” tutte risero ancora. Alfan seguiva il discorso cercando di partecipare all’ilarità generale ma non riusciva a nascondere la preoccupazione e il sudore che imperlava fronte e guance.
“Tutti noi facciamo parte di una squadra” palpeggiò un’altra donna sorridente, senza guardarla né fermarsi “e se è vero che solo uno di noi vince mentre gli altri lo aiutano a raggiungere il traguardo,” il tono della voce andò in un crescendo coinvolgente “non è forse anche vero che quella vittoria diviene la vittoria dell’intera squadra?”
“Vero!” risposero tutte le donne in coro, una tuta nera si asciugò una lacrima di commozione, un’altra rossa gemette e portò una mano in mezzo alle gambe.
“E allora vorrei sapere dal capitano Alfan perchè non sta aiutando la propria squadra”
“Vede ma io...”
“Vorrei sapere dal capitano Alfan perchè non abbiamo vinto anche sul pianeta verde.
Vorrei sapere dal capitano Alfan perchè non ha comprato i controllori del terzo livello.
Vorrei sapere dal capitano Alfan perchè tutti i suoi compiti non sono stati portati a termine, mentre questi nuovi splendidi cloni hanno eseguito alla lettera quanto da me ordinato”.
Alfan, grondande di sudore, balbettò le proprie giustificazioni con poca convinzione, mentre il governatore gli si avvicinava fluttuando:
“Sul pianeta verde... gli spot neurali non sono più obbligatori per legge, gli abitanti non accedono più ai canali mediatici, di nessun tipo e... e i controllori di terzo livello sono inavvicinabili!”.
Una delle donne al tavolo si lasciò sfuggire un risolino a cui ne fecero eco altri, in tutto e per tutto identici a quello.
“Come osate ridere di me?” il militare si alzò in piedi “Voi! Voi che siete solo... cloni!”
“Alfan, siediti” il governatore, che nel frattempo si era avvicinato, gli posò una mano sulla spalla.
“Ma io...” sconsolato si rimise al suo posto mentre B, dietro di lui, continuò con tono più calmo:
“Vedi, io ti conosco da molto tempo. Io e tuo padre eravamo grandi amici, lo sai. E io ti voglio bene come a un figlio” il tono della voce aveva perso la ferocia di poco prima.
“E io a voi come a un padre!” esclamò commosso il capitano senza voltarsi.
“Ma questa è una squadra. Non importa chi vi sia dentro, da che pianeta vengano i suoi membri, non importa che siano nati con fecondazione assistita o invece clonati, e non m’importa neppure come giochino, l’importante è una cosa sola: vincere.”
“Lo so, mi dispiace”
“Tu, Alfan, hai rischiato di farmi finire fuori dal gioco.”
“Ma Signore io...”
“Taci. Io sono molto paziente. Mi sei rimasto solo tu, dei vecchi ‘veri umani’, ci tengo a te.”
Alfan fece un lungo profondo sospirò, era sollevato e allo stesso tempo commosso e pieno d’affetto per quell’uomo che ammirava così tanto. Pensò a quando da piccolo il padre lo aveva portato dallo zio B a giocare sul suo satellite personale, dove il tramonto durava un giorno intero, quante risate e quanti bei momenti avevano vissuto assieme. In quel preciso momento una mazzata colpì la testa di Alfan, un colpo secco e potente che fece schizzare sangue sulle donne più vicine. La testa di Alfan cadde in avanti, sulla superficie trasparente, dalla bocca uscì copiosamente del sangue, alcuni spasmi muscolari al collo lo fecero sussultare e così B lo colpì ancora una volta e poi un’altra e un’altra, finchè Alfan non si mosse più.
Le donne sedute al tavolo non avevano reagito con nessun particolare gesto di stupore. Avevano guardato la scena con distacco. Alcune di loro, dopo essere state schizzate di sangue sul viso, semplicemente sorrisero, con un’espressione illogicamente dolce e affettuosa.
“Ragazze” guardò i cloni seduti al tavolo “l’ho sempre pensato ma mai come oggi ho voluto dirlo ad alta voce: voi del progetto Red Apple siete il futuro, l’umanità è roba sorpassata.”
Applauso unanime.

1 commento:

Bibi ha detto...

posso gioire anche io per la testa di Alfan spiaccicata? solo un attimo piccolissimo.
(che angoscia però questi racconti, meno male che la realtà...)